Le community tech sono un luogo di incontro dove professionisti e appassionati acquisiscono nuove competenze, condividono informazioni e soluzioni, stabiliscono legami professionali e personali. Sono luoghi dove le dinamiche personali e professionali confluiscono e creano valore umano, qualcosa di non misurabile esclusivamente in termini numerici.

Ne abbiamo parlato con Michela Bertaina, Community Program Manager Europe di Codemotion.

Qual è il tuo background e qual è stato il tuo percorso professionale?

«Il mio percorso è stato un po’ particolare. Mi sono diplomata in lingue e, dopo una breve esperienza all’estero, sono entrata nel campo dell’agricoltura biologica e biodinamica. Ho aperto una società con altre due socie e, durante i sei anni in cui mi sono dedicata a questa attività, siamo cresciute e mi sono ritrovata a coordinare le attività di cinque aziende, tra SRL, SNC e associazioni Onlus, che facevano di tutto nell’ambito dell’agricoltura biologica e biodinamica: formazione, certificazione aziende, consulenza, marketing e attività commerciale.

Dalle tre persone che eravamo al’inizio, siamo diventate 15. Eravamo impegnate in mille attività, dall’editoria alla partecipazione alle fiere, dalla gestione degli associati ai corsi formazione. Organizzavamo oltre cinquanta corsi di formazione all’anno. Ho avuto la possibilità di mettere le mani in pasta in davvero tantissime attività e aree.

Nel 2017, un po’ per caso, scopro il mondo delle community tech. Quando ho iniziato a lavorare mi sono sempre detta che non avrei mai lavorato 8 ore davanti ad un computer. Ma poi ho avuto la necessità di gestire il sito internet dell’azienda e ho partecipato ad un corso di formazione organizzato dalla Camera di Commercio di Cuneo e Google e, dopo aver capito che Google non era solo un motore di ricerca, navigando sul web ho scoperto il programma GDG: Google Developer Group.

Ho iniziato a partecipare alle attività del GDG di Torino, aiutando a organizzare qualche evento, entrando a far parte del team comunicazione. Dopo la partecipazione al Droidcon di Torino nel 2018, dove ho incontrato altri GDG lead a livello nazionale, la mia vita è letteralmente cambiata.

Prima di entrare in questo mondo, ero una persona molto timida e introversa. Decido di uscire dalla mia zona di confort e di buttarmi e parlare con gli altri lead. E così conosco Michelantonio Trizio del GDG Bari, che mi presenta il programma Women Techmaker, e grazie al quale decido di partecipare al mio primo summit europeo a Madrid.

È stata poi la volta della DevFest Levante, e in quell’occasione salgo per la prima volta sul palco e presento il mio primo workshop sulla sindrome dell’impostore. E così ho cominciato a entrare sempre di più nel mondo dei GDG.

Facevo tutto questo nel mio tempo libero, cercando di conciliare il mio lavoro di imprenditrice con le mie attività nella community. Diciamo che ho sviluppato un’ottima gestione del tempo perché nel 2019 sono stata organizer in sei tech community contemporaneamente. Partecipavo a eventi, a varie conferenze tech, poi ho organizzato Italian Community Manager Summit insieme ad altri professionisti che si occupano di Community Management a livello nazionale e qui trovo un’offerta di lavoro, scritta su un pezzo di carta: “Cerchiamo community manager full time in full remote” e quello che mi sono detta è stato: “ lo faccio ora nel tempo libero, se potessi farlo pagata, sarebbe stupendo!” e così mandai il CV.

Comincia così la mia esperienza a inizio 2020 in GrUSP come community manager. Era il mio dream job e decisi così di fare una prova continuando con la mia partita iva per un anno. Mi ha entusiasmato molto e quindi ho deciso di cambiare completamente settore.

Ho lavorato in GrUSP per tre anni e, da gennaio 2023, sono in Codemotion come Community Program Manager.»

Michela Bertaina
Michela Bertaina durante un talk

Di cosa ti occupi al momento e qual è la tua posizione attuale in Codemotion?

«In Codemotion sono Community Program Manager Europe e mi occupo della gestione della strategia community per Italia e Spagna. Non faccio tutto da sola, ovviamente. Ci sono Alessia in Italia e Julieta e Natalia in Spagna. Mi occupo di quello che riguarda la creazione dei contenuti di interesse dei membri, della crescita della community e di coinvolgere attivamente i membri.

Abbiamo un programma contributor, che ha lo scopo di far crescere i membri della community mettendoli sempre un po’ alla prova, sempre con il nostro supporto, facendoli cimentare nel public speaking, nella scrittura di articoli tecnici, cercando di fargli acquisire tutto il mondo delle soft skill in un contesto di loro interesse e in cui possano apprendere e condividere.

Abbiamo inoltre il programma Ambassador, che ho gestito in collaborazione con Francesco, e una nuova community di CTO e tutto il programma di partnership e di collaborazione con altre tech community locali con cui organizziamo eventi in presenza, oltre a colalborazioni di altro tipo che vertono sempre su formazione e crescita professionale».

Michela Bertaina sul palco del Codemotion 2023 di Milano
Michela Bertaina sul palco del Codemotion 2023 di Milano

Quant’è grande la community di Codemotion?

«Abbiamo una community di 250.000 developer, prevalentemente in Italia e Spagna, ma in realtà siamo presenti in tutta europa. Abbiamo organizzato conferenze a Berlino, ad Amsterdam, a Tel Aviv in passato. In questo periodo stiamo consolidando la nostra attività in Italia e Spagna e quindi chiaramente siamo più attivi in questi due paesi».

Sono stati da poco pubblicati i risultati di un interessante sondaggio sullo stato delle tech community europee. Com’è nata l’idea del sodaggio e qual è lo scopo che ha fatto nascere il progetto?

«L’idea è nata da Mara Marzocchi, la co-founder di Codemotion, io l’ho semplicemente realizzata. È stato il primo obiettivo che mi è stato affidato quando sono entrata. Non avevo mai fatto un lavoro del genere e per la prima volta mi sono trovata a cimentarmi con raccolta dati e data visualization acquisendo competenze che non avevo e per cui ero non poco preoccupata. Ovviamente non ho fatto tutto da sola, siamo un team e le cose si fanno insieme.

Sono molto soddisfatta del risultato che abbiamo raggiunto, soprattutto per essere la prima volta che avevamo un progetto del genere.

L’obiettivo era quello di raccogliere dati in modo da avere una mappa che aiutasse a comprendere lo stato di salute delle tech community europee, quali fossero le loro attività e l’impatto delle tech community nella crescita personale e professionale dei developer. Questo per offrire uno strumento che potesse essere utile a tutte le community tech, oltre che alle aziende che operano nel settore dello sviluppo.

È uno strumento che permette di capire come si posiziona una community su un panorama europeo. Spesso ci si ritrova a farsi domande del tipo “quanti meet-up dovrei organizzare?”, “quant’è il drop durante gli eventi che dovrei tenere in considerazione?”, “qual è la percentuale di diversity a cui dovrei ambire?”. Ora abbiamo un riferimento che ci aiuta a comprendere il panorama delle tech community europee e uno strumento utile per far nascere idee e prendere decisioni. E devo dire che la risposta dei community manager che abbiamo contattato è stata molto positiva. Molti ci hanno confessato di aver imparato delle cose solo rispondendo alle domande del sondaggio».

State of Tech Communities 2023
La pagina del progetto State of Tech Communities 2023

«Partecipo attivamente a molte conferenze, ma devo dire che i momenti di aggregazione sono solo la punta dell’iceberg del mondo dev perché nelle conferenze incontriamo solo le persone che partecipano attivamente e già capiscono il valore di tutto questo. C’è un grandissimo substrato che non partecipa attivamente agli eventi, ma fa parte delle community solo per i contenuti. Il mio obiettivo è anche quello di cercare di sensibilizzare e stimolare la partecipazione, oltre a dare ai community manager uno strumento che permetta di comprendere qual è l’impatto che una tech community ha sulla crescita sia personale che professionale di uno sviluppatore.

A me le community tech hanno cambiato la vita. Ho iniziato partecipando ai lavori nel mio tempo libero, ma poi ne ho fatto un full-time job.

Per me era quindi importante raccogliere le testimonianze di persone che, come me, grazie alla partecipazione attiva alle tech community, hanno avuto la possibilità di cambiare carriera, hanno scoperto nuove opportunità, e in qualche modo hanno cambiato le loro vite».

Il numero di meet-up organizzati annualmente dalle tech community europee
Il numero di meet-up organizzati annualmente dalle tech community europee (fonte: State of Tech Communities)

Quali sono le maggiori difficoltà che riscontra un Community Manager nella gestione di una community tech?

«Bisogna distinguere tra chi fa community management per lavoro e chi lo fa nel tempo libero. Sono due cose nettamente differenti. Per chi lo fa nel tempo libero, sicuramente la gestione del tempo e delle risorse è un grande problema perché è un’attività che richiede cura e costanza. Bisogna riuscire ad individuare le attività che garantiscano il coinvolgimento e la valorizzazione dei propri membri. Per chi lo fa come lavoro, la difficoltà maggiore è seguire i membri attivi e aiutarli nella loro attività. Seguirli e ricordargli le scadenze e le cose da fare senza dimenticare che si tratta di voltariato. Il nostro obiettivo è farli crescere, metterli nella condizione di sperimentare, ma allo stesso tempo seguirli fino alla conclusione di un progetto che si è deciso di realizzare. Non puoi pretendere che facciano le cose, ma allo stesso tempo hai bisogno che ti diano delle risposte. La difficoltà sta nel chiedere nel modo giusto, con le giuste tempistiche, con l’approccio corretto».

Qual è la soft skill che deve assolutamente avere un community manager?

«Credo che la soft skill più importante, che in realtà nel nostro lavoro è un’hard skill, sia l’empatia. Ovvero la capacità di entrare in connessione con le persone e trattarle come tali e non come numeri. Siamo in un mondo di numeri, metriche, marketing… Ma un community manager ha a che fare con esseri umani. Deve curare il senso di appartenenza e la crescita della persona, cose che non puoi misurare solo con i numeri.

Essere empatici, capire le problematiche della persona che hai davanti e come puoi aiutarla ad affrontarle sono competenze importantissime per chi ricopre il nostro ruolo. Ad esempio uno dei programmi che abbiamo in Codemotion è il Wannabe Speaker. Ci sono persone che non sono mai salite su un palco, e noi, grazie ai nostri ambassador, facciamo mentoring in modo da offrire le competenze e le motivazioni di cui hanno bisogno per salire su un palco internazionale come Codemotion e dare il loro primo talk. Mettersi in ascolto e capire le necessità delle persone è la capacità più grande che deve avere un community manager».

Come fare in modo che la community duri nel tempo?

«Bisogna fare in modo che non tutto venga accentrato su una sola persona. Il community manager è una sola persona, non è la community. Bisogna imparare a delegare. Il processo di delega è difficile, come lo è in azienda. Nelle community riveste un’importanza particolare perché permette alle persone di sentirsi responsabilizzate e crescere, dare il proprio contributo e far sì che la community possa avere lunga vita senza dipendere dalla disponibilità di una sola persona».

Quanto è importante la crescita della community?

«Per me, la crescita della community non va valutata in base ai numeri, ma in base al senso di appartenenza delle persone, alla loro crescita personale e professionale. Ad esempio, al GDG Bari organizzavamo i cooking lab, dei meet-up in cui ci si ritrovava per cucinare insieme, e poi naturalmente si parlava di altri argomenti.

La community deve diventare un posto in cui troviamo degli amici, non solo relazioni professionali, ma connessioni vere e autentiche, che poi sono quelle che aggiungono valore alla tua vita. È anche grazie al supporto delle tante persone che ho conosciuto nelle community che oggi sono la persona che sono».

Qual è la relazione tra azienda e community? Quali aziende sono più coinvolte nella vita delle tech community?

«In base alla mia esperienza, le start-up sono più attive nel mondo delle community. Ma le cose stanno cambiando perché sono molte di più le aziende che si stanno avvicinando alle community.

Spesso, dato che il valore della partecipazione alle community non è misurabile come un funnel di vendita: non puoi contare impression e conversioni per esempio, non è facile comprendere il valore della community, anche perché non ha un impatto diretto e immediato. La partecipazione di una azienda alla vita di una comunità tecnologica mostra il suo valore sempre nel medio e nel lungo termine.

Ma ci stiamo muovendo, e Codemotion sta facendo un grande lavoro di sensibilizzazione nei confronti delle aziende per far capire il grande impatto che una community può avere anche all’interno della stessa azienda. Mi riferisco anche a community aziendali, dove avvengono scambi di conoscenze, prende vita un confronto attivo e si condividono progetti. E la partecipazione attiva anche alle tech community estende le dinamiche aziendali sia in senso verticale, sul lavoro che viene fatto, che in senso trasversale, nella crescita professionale all’interno dell’azienda e nella gestione dei team.

Sto pensando ad esempio alla PyCon, durante la quale ho avuto la possibilità di confrontarmi con persone con grande esperienza, che fanno questo lavoro da tantissimo tempo, e chiedere consigli diretti sulle mie necessità di quel momento. Prendere parte a questo mondo e scoprire il valore del confronto non è come fare un corso in cui viene erogato il contenuto standard, ma abbiamo la possibilità di fare domande specifiche e ricevere soluzioni basate sulle esperienze altrui calate esattamente sulle nostre esigenze».

Quali sono i programmi community di Codemotion?

«Recentemente abbiamo lanciato il programma contributor, che permette di sfidarsi nella scrittura di articoli tecnici che vengono poi rivisti dai nostri esperti e pubblicati sul nostro magazine. Abbiamo il programma Wannabe Speaker, che vorremmo rilanciare anche prima della prossima conferenza, che permette appunto di sfidarsi nel public speaking. Offriamo supporto per diventare MC, quindi creare tutta in serie di interviste online e sui nostri canali Twitch. Abbiamo un programma Ambassador, e diamo anche l’opportunità alle nostre aziende partner di entrare in contatto con le tech community, mettendo a disposizione, ad esempio, delle sale per meet-up e quindi portare all’interno dell’azienda formazione gratuita. Nel nostro sito ci sono tutte le attività della nostra community».

Carlo Daniele Kinsta

Carlo è cultore appassionato di webdesign e front-end development. Gioca con WordPress da oltre 20 anni, anche in collaborazione con università ed enti educativi italiani ed europei. Su WordPress ha scritto centinaia di articoli e guide, pubblicati sia in siti web italiani e internazionali, che su riviste a stampa. Lo trovate su LinkedIn.