In Kinsta viviamo e respiriamo la flessibilità. Siamo un’azienda che lavora da remoto, da qualsiasi luogo, e amiamo dare al nostro team la possibilità di dare il proprio contributo ovunque il loro cuore li chiami.
Alcuni di noi sono esploratori nell’anima, come Lauren Cool, la nostra Legal Operations Administrator. Circa un anno fa, Lauren ha adottato uno stile di vita completamente nomade, viaggiando attraverso gli Stati Uniti in camper con il suo compagno e il suo cane. In questi dodici mesi ha affinato l’arte di lavorare in viaggio con ritmi completamente adattati alle sue esigenze, affrontando sfide, vivendo momenti indimenticabili e ammirando panorami mozzafiato.
Continuate a leggere per scoprire di più sull’esperienza unica di Lauren e sui suoi consigli collaudati, quelli che lei stessa usa per vivere la sua vita da sogno da nomade digitale che collabora con Kinsta.
D1: Come sei riuscita ad ottenere un lavoro completamente da remoto?
R: Ho studiato politica globale perché volevo viaggiare per il mondo e lavorare per le organizzazioni non profit, ed è quello che ho fatto. Amavo lavorare in quel campo.
Prima di Kinsta, avevo intenzione di prendermi un paio di mesi di pausa e di concentrarmi su me stessa prima del mio prossimo passo professionale, ma una mia amica, Shannon Lam, mi aveva detto che c’era un posto in un’azienda davvero fantastica per la quale lavorava come redattore tecnico e frontend developer. Mi ha detto che le persone in Kinsta erano meravigliose e che il posto di lavoro era molto flessibile, così ho fatto domanda e ho iniziato a lavorare lì immediatamente.
Così sono entrata a far parte di Kinsta come Operations Administrator e alla fine sono diventata Legal Operations Administrator. Quello che faccio qui è cercare di rendere il lavoro di tutti un po’ più facile. Semplifico i processi, creo flussi di lavoro standard e mi occupo del lavoro amministrativo in modo che gli altri possano concentrarsi sul proprio lavoro senza preoccuparsi troppo dell’aspetto burocratico.
D2: Flessibilità e colleghi fantastici. C’è qualcos’altro che ha guidato la tua decisione di entrare in Kinsta?
Avevo bisogno di trovare un ambiente che fosse allo stesso tempo stimolante e tranquillo. Prima di entrare in Kinsta, lavoravo in un’organizzazione non profit dove potevo aiutare persone che affrontavano situazioni estremamente difficili. Era immensamente gratificante essere parte del loro percorso, ma durante la pandemia ho visto un numero così elevato di persone in difficoltà che ho iniziato a portarmi il lavoro a casa.
Quando me ne sono resa conto, ho iniziato a cercare un posto in cui non solo mi piacesse lavorare ma che, alla fine della giornata lavorativa, mi permettesse di chiudere il portatile e rilassarmi. In Kinsta non mi annoio mai ed è un ambiente che mi aiuta a proteggere il mio equilibrio.
D3: Da quanto tempo sei una nomade digitale?
Lo faccio da un anno e voglio viaggiare ancora. Mi piacerebbe molto provare a farlo anche in paesi al di fuori degli Stati Uniti.
Consiglierei lo stile di vita da nomade digitale a chiunque. Se avete la possibilità di farlo, fatelo! Rende la vita molto più colorata, anche se non è tutta rose e fiori. Ci sono piccoli intoppi lungo il percorso, ma tanto vale fare qualcosa di divertente mentre li si affronta!
D4: Cosa ha scatenato il tuo desiderio di vivere una vita da nomade?
Credo di essere una di quelle persone che si stancano dopo tre o quattro anni nello stesso posto. Mi ci è voluto un po’ per capirlo.
Dopo i primi due anni di università, ho iniziato a sentirmi irrequieta e mi sono trasferita. Quattro anni dopo stavo di nuovo facendo le valigie: mi sono trasferita a San Diego, ma anche quella volta mi sono stufata in fretta. Poi ci siamo trasferiti nel nostro camper.
D5: Sembra che la tua sia stata una transizione graduale da una vita geograficamente stabile a questo nuovo percorso avventuroso.
È vero, e gran parte di questo è dovuto al fatto che avevo vissuto solo in California, dove sono nata e cresciuta.
Avevo vissuto in diverse parti dello stato, ma mai fuori dai confini fino a prima di questo viaggio. Avevo studiato politica globale e viaggiato, ma non avevo mai trascorso una quantità significativa di tempo al di fuori della California, che è una vera e propria bolla. Avevo bisogno di vedere di più del resto del paese.
Gli Stati Uniti d’America sono enormi e mi chiedevo perché i californiani avessero idee così diverse sul modo in cui le cose dovrebbero funzionare rispetto alle persone che vivono in altri luoghi.
Ho pensato di doverlo vedere con i miei occhi. Questa è stata la scintilla: volevo lasciare il paese, ma prima di farlo volevo capire il mio.
D6: Quali sono stati i luoghi e le esperienze che hai preferito tra tutti quelli che hai visto durante il tuo viaggio di un anno?
La nostra prima destinazione è stata magica. Abbiamo trascorso due settimane nella splendida Puerto Peñasco, in Messico. Abbiamo iniziato il nostro viaggio il 1° gennaio 2022. Anno nuovo, vita nuova!
Siamo saliti sul nostro camper e siamo partiti per il Messico. Buona parte della nostra euforia derivava dal fatto che questa destinazione segnava l’inizio di questa incredibile nuova esperienza, un’altra parte era dovuta all’essere parcheggiati proprio sulla costa.
L’estremità del nostro camper sospesa sulla spiaggia, il nostro cane Nikan che corre a giocare al tramonto, le passeggiate verso la spiaggia per andare a mangiare e tutte le persone amichevoli che abbiamo incontrato hanno reso l’esperienza davvero speciale.
Eccone un’altra memorabile: A un certo punto ci siamo ritrovati nei boschi della Georgia. Sapevo che il mio capo, Jon Penland (Chief Operating Officer), viveva lì, ma non sapevo in che città di preciso.
Avevamo intenzione di vederci nel caso in cui tutto fosse filato liscio, ma dato che eravamo in viaggio con il nostro camper gigante, non potevamo dare per scontata la possibilità di incontrarci.
Ho pensato che, dato che la Georgia non è poi così grande, potesse trovarsi a un paio d’ore di distanza, ma quando gli ho mandato un messaggio con la nostra posizione mi ha risposto che eravamo a 15 minuti di macchina da casa sua.
È stata una coincidenza davvero divertente! Io, il mio compagno e Jon abbiamo preso degli hamburger e ci siamo divertiti molto a chiacchierare e a passare un po’ di tempo insieme nella “vita reale”.
D7: Hai detto che non è tutto rose e fiori. Quali sono state le sfide che hai affrontato lavorando in viaggio?
Oh, beh, per cominciare ci sono le cose di poco conto, come lavorare nella stessa stanza del proprio partner. In un viaggio come il nostro, spesso si è confinati in uno spazio ristretto con qualcun altro, e capita di avere delle riunioni nello stesso momento. Usando le cuffie, si finisce per parlare l’uno sopra l’altro e si alza involontariamente la voce per coprire quella dell’altro.
Ci sono state poi altre sfide non proprio piccole: il condizionatore si è guastato, completamente bruciato. Un giorno ci siamo svegliati con un odore terribile. Abbiamo dovuto imparare a riparare l’aria condizionata di un camper con i tutorial di YouTube.
Poi, in Texas, c’è stata una gelata e abbiamo avuto un problema con un tubo. Il mio capo Jon ci ha aiutato inviandoci le informazioni su come ripararlo.
D8: Spesso quando si pensa agli aspetti negativi dello stile di vita di un nomade digitale, si pensa ai famigerati problemi di connessione. Tu li hai mai sperimentati?
Non proprio. Abbiamo soggiornato per lo più in grandi resort per camper. Quando non potevamo usare il loro Wi-Fi con la nostra VPN, potevamo usare i nostri hotspot per avere copertura costante. È andata bene!
D9: Com’è stato vivere una vita nomade in camper e lavorare per Kinsta allo stesso tempo?
Oh, è stato davvero divertente! Tutti ci hanno sostenuto nel nostro viaggio. Chiunque mi chiami mi chiede sempre: “Dove sei oggi? Come sta andando?”. A volte tengo le mie riunioni all’aperto perché la vista è splendida e un bello sfondo di montagna non si batte.
Sai cos’è incredibile? Anche Jon Penland, il COO di Kinsta, faceva così. È stato un nomade digitale per due anni e mezzo: Jon, sua moglie e i loro cinque figli, tutti di età tra uno e otto anni, hanno girato in lungo e in largo con il loro camper!
Il fatto che la leadership di Kinsta abbia sperimentato il nomadismo digitale dice tutto ciò che c’è da sapere sulla nostra cultura in fatto di flessibilità: finché si lavora in modo professionale e il proprio ruolo lo consente, viaggiare non è affatto un problema.
Q10: Sei riuscita a incontrare molti colleghi durante il tuo viaggio? Kinsta facilita in qualche modo questi incontri?
Alcuni, anche se non quanti ne avrei voluti. Un ringraziamento a Jon Penland, il nostro COO, ma anche a Don Herbe, il nostro Legal Counsel, e a Roger Williams, Head of Client Experience, che ci ha ospitato nella sua proprietà per un’intera settimana, e ad altri ancora.
Incontrarvi è stato meraviglioso. E a tutti gli altri Kinstaniani: non vedo l’ora di conoscere anche voi!
Kinsta cerca di facilitare questi incontri non ufficiali con un budget mensile. Ogni kinstaniano può spendere fino a 100 dollari al mese per incontri non ufficiali come quelli che ho citato. Questi soldi possono coprire il costo di uno spazio di coworking per la giornata, di un pasto o di altre attività divertenti da svolgere con i colleghi che non si incontrano tutti i giorni.
D11: Prima hai detto che tutti dovrebbero provare lo stile di vita nomade, se ne hanno la possibilità. Che tipo di consigli daresti a chi è abbastanza coraggioso da farlo?
Prima di tutto, pianificare per tempo. All’inizio, io e il mio compagno volevamo essere spontanei nello scegliere i luoghi da visitare. Purtroppo è necessario pianificare un po’ in anticipo.
Personalmente, consiglio di pianificare per tre mesi alla volta. Altrimenti ci si ritroverà a pensare costantemente a dove si vivrà la settimana successiva.
Ecco un altro consiglio: viaggiare nei fine settimana e lavorare dallo stesso posto dal lunedì al venerdì. In questo modo diventa tutto meno dispersivo e stressante, o almeno è quello che ha funzionato meglio per noi.
Un’altra cosa da tenere in considerazione, se si ha intenzione di lavorare in viaggio come ho fatto io, è assicurarsi di essere a proprio agio. Mentre parliamo, sono seduta alla stessa scrivania che avevo nel mio camper. È piccola, niente di eccezionale, ma c’è ancora spazio per il mio secondo monitor e per tutto ciò di cui ho bisogno.
Porto con me la sedia da ufficio anche nei miei viaggi in camper. Si tende a pensare che si possa lavorare all’esterno da un tavolo del campeggio o da una sedia a sdraio, ma non è così.
Quello che consiglio è di assicurarsi di creare uno spazio dove si starà comodi per svolgere il proprio lavoro e di tenerlo separato dal proprio letto: sono due cose che non stanno per niente bene insieme.
D12: Come ci si può mettere in contatto con te?
Potete contattarmi su LinkedIn!
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