Optare per un sito WordPress headless rispetto a un’architettura tradizionale cambia notevolmente le carte in tavola in termini di SEO. Questo approccio separa il front-end del sito dal back-end, aumentando la flessibilità e la velocità. Ma comporta anche nuove sfide SEO.
Ecco come stanno le cose: la visibilità di un sito e il modo in cui le persone lo trovano attraverso i motori di ricerca dipendono dalle tattiche SEO. Per questo motivo, oggi parleremo di alcune strategie SEO avanzate pensate proprio per le configurazioni WordPress headless.
Vedremo come assicurarci che i motori di ricerca possano scansionare correttamente un sito, di come modificare i meta tag e di molto altro ancora. Che vi occupiate di scrivere il codice del sito o che di elaborare strategie di marketing, vi daremo consigli pratici per affinare le vostre capacità SEO.
Andiamo al sodo.
Come rendere “crawlabili” i siti WordPress headless
Rendere i siti WordPress headless adatti al crawling presenta alcune sfide uniche che i siti tradizionali non incontrano. L’ostacolo principale deriva dal fatto che il contenuto dei siti headless viene reso dal lato client utilizzando JavaScript, il che storicamente ha creato difficoltà ai bot dei motori di ricerca in termini di crawling e indicizzazione.
Tuttavia, tecniche moderne come il rendering dinamico e il rendering lato server hanno reso molto più semplice affrontare questi problemi.
Rendering dinamico
Il rendering dinamico funge da ponte tra i contenuti pesanti in JavaScript e i crawler dei motori di ricerca. Consiste nel presentare ai motori di ricerca un’istantanea HTML statica e prerenderizzata dei contenuti del sito, mentre gli utenti continuano a sperimentare la versione dinamica e interattiva.
In questo modo i crawler possono indicizzare i contenuti del sito senza dover eseguire JavaScript, migliorando immediatamente la visibilità e le prestazioni SEO.
Per implementare il rendering dinamico in un ambiente WordPress headless, di solito si utilizza una soluzione come prerender.io o si costruisce un proprio meccanismo di rendering lato server, magari con Node.js.
Ecco una spiegazione concettuale:
1. Rilevamento degli user-agent
È necessario distinguere tra le richieste fatte dagli utenti (browser) e quelle fatte dai crawler (come Googlebot). Questo può essere fatto controllando lo user-agent nelle intestazioni HTTP delle richieste in arrivo.
2. Servire contenuti statici ai bot
Quando viene rilevato un crawler, invece di servire il solito contenuto ricco di JavaScript, il server reindirizza la richiesta a una versione HTML statica e prerenderizzata della pagina richiesta. Questo può essere ottenuto utilizzando un servizio di prerendering o disponendo di una configurazione di prerendering sul server che genera pagine HTML statiche dei contenuti al volo, o da una cache.
3. Come configurarlo con WordPress
Servizi come prerender.io offrono un middleware che può essere integrato nel server. Questo middleware intercetta le richieste in arrivo, verifica se provengono da crawler e, in caso affermativo, serve una pagina prerenderizzata dalla cache di prerender.io o attiva il rendering di una nuova pagina se non è presente nella cache.
Costruendo una soluzione personalizzata, di solito useremmo Puppeteer in un ambiente Node.js per il pre-rendering delle pagine. Quando l’API di WordPress invia il contenuto al vostro server Node.js, controlla lo user-agent. Se si tratta di un crawler, Puppeteer esegue il rendering della pagina, salva l’HTML statico e serve questa versione.
Questo processo può essere ottimizzato mettendo nella cache le pagine statiche per evitare di renderizzarle a ogni richiesta del crawler.
Rendering lato server
Il rendering lato server, invece, prevede il rendering del contenuto della pagina sul server prima che raggiunga il client. Ciò significa che quando un bot di un motore di ricerca richiede una pagina, riceve una pagina HTML completamente renderizzata, rendendola immediatamente indicizzabile.
Si può implementare il rendering lato server utilizzando vari framework e librerie JavaScript, come React e Node.js, per eseguire il rendering dei contenuti direttamente sul server. Questo approccio non solo aiuta a rendere i contenuti più accessibili ai motori di ricerca, ma migliora anche l’esperienza complessiva dell’utente accelerando i tempi di caricamento delle pagine.
Per il rendering lato server, l’utilizzo di framework come Next.js in combinazione con l’API REST di WordPress o GraphQL può semplificare il processo.
Una configurazione tipica potrebbe prevedere il recupero dei dati con GraphQL e il rendering delle pagine sul server utilizzando Next.js, in modo da pre-popolare i contenuti prima che vengano serviti.
Configurare gli URL canonici
La configurazione di URL canonici per un sito WordPress headless è un altro modo per mantenere l’integrità SEO, soprattutto quando i contenuti vengono serviti attraverso un front-end disaccoppiato come Gatsby o Next.js.
Gli URL canonici aiutano a evitare problemi di contenuti duplicati segnalando ai motori di ricerca quale versione di una pagina di contenuti è quella principale o “canonica”. Questo è necessario in un ambiente headless in cui i contenuti possono essere accessibili attraverso più percorsi o endpoint.
Perché gli URL canonici sono importanti
In WordPress headless, il rischio di duplicazione dei contenuti aumenta a causa della separazione del front-end dal back-end di WordPress. Gli URL canonici mitigano questo rischio guidando i motori di ricerca a indicizzare l’URL preferito. In questo modo si garantisce che il valore SEO venga consolidato nella pagina canonica, anziché essere diluito in più versioni dello stesso contenuto.
Inoltre, la creazione di URL canonici chiarisce quale versione del contenuto deve essere classificata nei risultati di ricerca.
Come impostare gli URL canonici
L’implementazione degli URL canonici in un ambiente WordPress headless può essere gestita in modo efficiente con l’aiuto del plugin Yoast SEO e di WPGraphQL, per collegare i dati di Yoast SEO alla configurazione headless.
Ecco una panoramica di alto livello di un processo che lo sviluppatore web Andrew Kepson descrive in modo molto dettagliato e che coinvolge un paio di plugin popolari:
- Utilizzare il plugin Yoast SEO per semplificare la gestione degli URL canonici direttamente nell’amministrazione di WordPress. Specificando l’URL canonico per ogni contenuto, sarà possibile controllare l’URL preferito direttamente da WordPress.
- Il plugin WPGraphQL crea un endpoint GraphQL per il sito WordPress, consentendo all’applicazione front-end (costruita con framework come Gatsby o Next.js) di interrogare i contenuti di WordPress, compresi i dati SEO forniti da Yoast.
- Quindi, utilizzare WPGraphQL Yoast SEO Addon per fare da ponte tra Yoast SEO e WPGraphQL e per collegare i campi SEO del primo (compresi gli URL canonici) allo schema del secondo. In questo modo, il front-end headless potrà interrogare e utilizzare gli URL canonici impostati in Yoast, assicurando che i tag canonici corretti siano resi nella head delle pagine.
Per quanto riguarda l’implementazione pratica, una volta installati e attivati Yoast e gli addon WPGraphQL necessari, sarà possibile gestire i dati SEO del proprio sito direttamente da WordPress.
Durante la configurazione dell’applicazione front-end, interrogheremo questi dati SEO, compresi gli URL canonici, attraverso WPGraphQL e li renderemo in modo appropriato nella head delle pagine. Questo assicura che i motori di ricerca riconoscano e indicizzino correttamente gli URL canonici, anche in un’architettura disaccoppiata.
Ottimizzare i meta tag in un ambiente WordPress headless
L’ottimizzazione dei meta tag in un ambiente WordPress headless, in particolare quando si utilizza una tecnologia front-end come React, è essenziale per migliorare le prestazioni SEO del sito. I meta tag svolgono un ruolo importante nel modo in cui i motori di ricerca comprendono e visualizzano le pagine web nei risultati di ricerca. Aiutano a definire il titolo, la descrizione, le parole chiave e altre informazioni importanti sulle pagine che i motori di ricerca utilizzano per indicizzare e classificare efficacemente i contenuti.
I meta tag sono importanti perché servono a riassumere il contenuto di una pagina web, influenzando la visualizzazione del sito nei risultati dei motori di ricerca e la percentuale di clic. Il tag title, ad esempio, viene visualizzato come titolo cliccabile nei risultati di ricerca e può fare un’enorme differenza in termini di SEO e coinvolgimento degli utenti.
Allo stesso modo, le meta-descrizioni forniscono una breve panoramica del contenuto della pagina sotto il titolo nei risultati di ricerca, incoraggiando ulteriormente gli utenti a cliccare sul sito.
Usare React Helmet per i meta tag
React Helmet è un componente React riutilizzabile che gestisce le modifiche all’intestazione del documento, permettendo di modificare facilmente i meta tag, i titoli delle pagine e altri elementi dell’intestazione in modo dinamico. È particolarmente utile per i siti WordPress headless.
Per iniziare a utilizzare React Helmet, basta installarlo nel progetto utilizzando npm o yarn:
npm install react-helmet
# or
yarn add react-helmet
Dopo l’installazione, si piò importare React Helmet nei componenti e usarlo per impostare vari meta tag. Ad esempio, per impostare i titoli delle pagine e le meta-descrizioni, possiamo fare qualcosa di simile:
import { Helmet } from 'react-helmet';
function MyPage() {
return (
<>
<Helmet>
<title>My Page Title</title>
<meta name="description" content="A concise description of my web page." />
</Helmet>
{/* Rest of your component */}
</>
);
}
React Helmet supporta anche i dati dinamici, permettendo di impostare i meta tag in base ai prop o allo stato dell’applicazione React. Questa flessibilità è fondamentale per adattare dinamicamente i metadati SEO a pagine e tipi di contenuto specifici.
Altri elementi importanti che possiamo gestire sono i dati strutturati (utilizzando JSON-LD per i rich snippet), i tag Open Graph per la condivisione sui social media e persino gli elementi per migliorare l’accessibilità
Ottimizzare il markup schema
L’ottimizzazione del markup schema è un altro fattore importante per migliorare la SEO di un sito WordPress, sia in una configurazione tradizionale che in un ambiente headless.
Il markup Schema, un tipo di microdati, arricchisce i risultati del sito sui motori di ricerca consentendo di inserire i rich snippet – che includono informazioni dettagliate come le valutazioni in stelle, i prezzi dei prodotti e altro – direttamente nei risultati di ricerca. Questo può migliorare di molto la visibilità e le percentuali di clic.
In una configurazione tradizionale di WordPress, il markup schema viene spesso gestito attraverso plugin SEO come Yoast SEO, che semplifica l’aggiunta e la personalizzazione dei tipi di schema direttamente nella bacheca di WordPress. Questi plugin generano automaticamente gli snippet di codice necessari in base al contenuto delle pagine o dei post. In questo modo l’aggiunta è facilissima, senza dover toccare una sola riga di codice.
Ma in un ambiente WordPress headless, la gestione del markup schema diventa un po’ più manuale. In pratica stiamo lavorando con un’applicazione front-end separata (come un sito costruito con React), il che significa che dovremo integrare manualmente il markup schema nei nostri contenuti man mano che sviluppiamo il sito. Questo potrebbe comportare l’iniezione dinamica del markup schema nel vostro HTML utilizzando JavaScript o sfruttando strumenti SEO front-end.
Per i siti WordPress headless, potremmo utilizzare strumenti come React Helmet per gestire la head delle pagine web, compresa l’aggiunta di markup schema. Come abbiamo già detto, React Helmet permette di impostare dinamicamente meta tag, titoli e, cosa fondamentale, dati strutturati in formato JSON-LD direttamente all’interno dei componenti React.
Ecco un approccio semplificato alla gestione del markup schema in ambienti headless:
1. Usare le librerie lato client
Una libreria lato client come React Helmet può essere molto utile per inserire manualmente il markup schema nelle pagine. Si tratta di creare snippet di dati strutturati JSON-LD e di inserirli nell’head delle pagine utilizzando React Helmet.
2. Creare script
Per creare manualmente degli script JSON-LD, iniziamo definendo la struttura dei contenuti in un formato JSON comprensibile a Google e agli altri motori di ricerca. Ciò comporta la specificazione di tipi come Articolo, Persona o Evento e delle loro proprietà secondo le linee guida di Schema.org.
3. Usare gli strumenti disponibili
Possiamo quindi incorporare questi script nell’HTML delle pagine, in genere nella sezione head, utilizzando tecniche di rendering lato server. Strumenti come Structured Data Markup Helper di Google possono aiutarci a generare la corretta sintassi JSON-LD.
Pensare all’ottimizzazione per la ricerca vocale
L’ottimizzazione per la ricerca vocale nel contesto di una configurazione WordPress headless implica un approccio strategico che coniuga le migliori pratiche SEO con le sfumature tecniche dell’architettura headless. Ecco come ottimizzare in modo efficace la ricerca vocale in un ambiente WordPress headless, assicurandoci che i nostri contenuti si classifichino bene per le ricerche effettuate con l’input vocale
1. Lasciare che siano i dati strutturati a fare il lavoro per noi
Abbiamo già parlato a lungo del “come”, ma l’implementazione dei dati strutturati (markup schema) è necessaria per ottimizzare correttamente un sito headless.
I dati strutturati aiutano i motori di ricerca a comprendere il contesto e il contenuto del sito, rendendo più facile la visualizzazione delle informazioni in risposta alle query vocali. In una configurazione headless, potrebbe essere necessario inserire manualmente il markup schema nei componenti React (come abbiamo già detto), Vue o Angular, a seconda del tipo di front-end utilizzato.
2. Concentrarsi su contenuti conversazionali e parole chiave
Essendo vocali, le query di ricerca vocale tendono a imitare i modelli del parlato e a usare un linguaggio colloquiale. Inoltre, sono solitamente più lunghe rispetto alle ricerche testuali. Quando creiamo i contenuti del sito, dovremmo cercare di puntare a un linguaggio naturale che corrisponda al modo in cui le persone parlano. Ciò significa porre maggiore enfasi sulle parole chiave a coda lunga e sulle query basate su domande comuni nelle ricerche vocali.
3. Migliorare la SEO locale per le ricerche “nelle vicinanze”
Spesso, quando le persone utilizzano la ricerca vocale, lo fanno per trovare qualcosa di locale, ad esempio per cercare aziende o servizi nelle vicinanze. Per ottimizzare il sito WordPress headless per queste ricerche, assicuriamoci che il contenuto del sito includa parole chiave e frasi locali. Manteniamo la pagina Google My Business aggiornata e incorporiamo i dati strutturati locali per migliorare la visibilità delle query di ricerca vocale locali.
4. Creare pagine e sezioni FAQ
Gli utenti della ricerca vocale spesso cercano risposte rapide a domande specifiche. Creare pagine o sezioni di FAQ con risposte concise alle domande più comuni permette di andare incontro a queste persone.
Prendiamo ad esempio in considerazione la possibilità di creare sezioni di FAQ dinamiche che attingono i contenuti da WordPress tramite API e li visualizzano sul front-end in un formato facilmente accessibile. Strutturando queste FAQ con titoli e dati strutturati adeguati, possiamo migliorare ulteriormente la loro reperibilità nei risultati della ricerca vocale.
5. Utilizzare al meglio i rich snippet e i featured snippet
Cerchiamo di strutturare i contenuti in modo da renderli idonei ai rich snippet e ai featured snippet, che vengono visualizzati in modo evidente nei risultati di ricerca.
Ciò implica una strutturazione chiara dei contenuti e l’utilizzo del markup schema per evidenziare le informazioni chiave. In un ambiente WordPress headless, assicuriamoci che l’API dei contenuti fornisca contenuti strutturati in modo tale che le applicazioni front-end possano utilizzarli per generare formati adatti agli snippet.
Creare tassonomie ben studiate
Creare tassonomie ben studiate in un ambiente WordPress headless significa organizzare i contenuti in modo strutturato e intuitivo, a beneficio sia dei visitatori del sito che dei motori di ricerca.
Per creare tassonomie efficaci che funzionino per i siti headless, possiamo:
- Analizzare il nostro pubblico e i nostri contenuti: iniziamo ad analizzare i nostri contenuti per identificare i temi principali e capire cosa cerca il nostro pubblico. Questa conoscenza guiderà la creazione di categorie e tag pertinenti.
- Sviluppare le categorie: le categorie devono rappresentare gli argomenti generali trattati nel sito. Forniscono una struttura gerarchica per organizzare i contenuti in temi principali. Assicuriamoci che le categorie siano distinte e che coprano la gamma dei nostri contenuti senza sovrapporsi troppo.
- Usare i tag per i dettagli: i tag offrono un livello di dettaglio granulare, permettendoci di contrassegnare aspetti specifici dei contenuti. Possono aiutare le persone e i motori di ricerca a trovare contenuti su argomenti più specifici all’interno delle categorie più ampie.
- Semplificare e ottimizzare la navigazione: la tassonomia dovrebbe migliorare la navigazione del sito, rendendo più facile per gli utenti trovare i contenuti. È bene incorporare parole chiave SEO-friendly nelle categorie e nei tag per aumentare la visibilità del sito.
- Mantenere la chiarezza ed evitare le duplicazioni: assicuriamoci che ogni categoria e tag sia unica per evitare di confondere gli utenti e diluire gli sforzi SEO. Controlli regolari possono aiutare a perfezionare la tassonomia, unendo o eliminando le categorie o i tag ridondanti.
- Integrare le tassonomie in headless: in un sito WordPress headless, la tassonomia va implementata correttamente in modo che le categorie e i tag siano accessibili attraverso l’API e possano essere utilizzati dinamicamente dall’applicazione front-end.
- Revisione e aggiornamento regolari: man mano che il sito cresce, la tassonomia va rivista periodicamente per assicurarsi che rifletta ancora accuratamente i contenuti.
A volte è utile concettualizzare come potrebbe apparire nella vita reale. Ecco un rapido esempio: immaginiamo un blog di cucina che presenta una serie di ricette. Ecco come potrebbe apparire una tassonomia ben organizzata:
- Categorie: argomenti di ampio respiro che rappresentano le colonne portanti del blog, come la cucina (italiana, messicana, giapponese), il tipo di pasto (colazione, pranzo, cena, spuntini) e le diete speciali (vegana, senza glutine, keto).
- Tag: descrittori più specifici che possono attraversare le categorie, come “Pasti veloci” (per le ricette sotto i 30 minuti), “Vacanze” (per le ricette di Natale e del Ringraziamento) o tag basati sugli ingredienti come “Pollo”, “Pasta” o “Avocado”
Questa struttura permette ai visitatori di navigare rapidamente verso il tipo di ricette a cui sono interessati, sia che stiano cercando un’idea per una colazione veloce, un dessert vegano o un piatto tradizionale italiano. Inoltre, aiuta i motori di ricerca a comprendere il contenuto del blog, migliorando la visibilità del sito nei risultati di ricerca per quegli argomenti specifici.
Metriche di performance da tenere sotto controllo
Quando si gestisce un sito web basato su un CMS headless, è fondamentale analizzare le metriche delle prestazioni. Stiamo lavorando con una configurazione che separa la visualizzazione del front-end dalla gestione dei contenuti del back-end, il che lascia molte opportunità per potenziali rallentamenti. Per questo motivo, capire come funziona il sito è fondamentale.
Dovremo prestare attenzione alle metriche di performance tradizionali come Core Web Vitals e il tempo di caricamento del sito per garantire le migliori prestazioni SEO possibili.
Core Web Vitals
Parlando di prestazioni del sito, saremmo negligenti se non menzionassimo i Core Web Vitals. Sono il modo in cui Google quantifica l’esperienza dell’utente sul vostro sito, concentrandosi su tre aree principali. Ecco un breve riepilogo di cosa comportano:
- Largest Contentful Paint (LCP): misura la velocità di caricamento del contenuto principale di una pagina. Più veloce è, meglio è, perché significa che le persone raggiungono i contenuti senza girarsi i pollici nell’attesa che carichi.
- First Input Delay (FID): si tratta di una questione di reattività. Dopo che la pagina si è caricata, quanto velocemente è in grado di rispondere alle interazioni degli utenti? Se i visitatori si ritrovano a cliccare senza avere una reazione immediata, la frustrazione può farsi sentire.
- Cumulative Layout Shift (CLS): vi è mai capitato che un testo o un pulsante si spostasse proprio mentre stavate per cliccarlo? Ecco cosa misura il CLS. La stabilità è fondamentale in questo caso. Le persone non devono avere la sensazione di cliccare su un bersaglio in movimento.
Lavorare su queste metriche può portare a una migliore esperienza dell’utente, che Google premia con posizioni nelle classifiche di ricerca potenzialmente più alte.
Minimizzazione di JavaScript e caricamento asincrono
Ridurre al minimo il codice JavaScript e utilizzare il caricamento asincrono degli script può ridurre il tempo di caricamento del sito. Riducendo il codice all’essenziale e permettendo agli script di essere eseguiti simultaneamente senza bloccare il caricamento della pagina, stiamo essenzialmente snellendo le operazioni di backend per garantire migliori prestazioni sul frontend.
Prendersi il tempo necessario per perfezionare le metriche delle prestazioni in un ambiente CMS headless non significa solo spuntare caselle per Google. Si tratta di creare un’esperienza coinvolgente e senza soluzione di continuità per i visitatori del sito e di assicurarsi che i motori di ricerca possano trovare e favorire i nostri contenuti. È un gioco di equilibri tra l’ottimizzazione tecnica e il design incentrato sull’utente, e se lo si fa nel modo giusto è possibile far risaltare nostro sito, pur godendo della flessibilità offerta dall’headless.
Riepilogo
Ottimizzare la SEO con WordPress headless non è così scoraggiante come sembra. In questo articolo abbiamo svelato l’essenziale, mostrando come rendere il vostro sito non solo visibile ma anche coinvolgente sia per i motori di ricerca che per le persone reali.
Dal garantire che il vostro sito sia facile da scansionare per i motori di ricerca, alla modifica dei meta tag e all’assicurazione che il sito funzioni bene con la ricerca vocale, abbiamo toccato un po’ di tutto. E se volete migliorare davvero le prestazioni del vostro sito WordPress headless, il nostro Hosting di Siti Statici potrebbe essere il prossimo passo da compiere.
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